Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio. L’uomo creativo osserva le cose vecchie con occhio nuovo.
Gian Piero Bona
Cambiare non è soltanto un verbo estremamente positivo, ma anche necessario. Si può cambiare taglio di capelli, dare una svecchiata al guardaroba, cambiare abitudini alimentari, partner, idea. Alla base c’è sempre e comunque quel bisogno impellente di cambiamento che va assecondato in vista di un miglioramento.
Questo cambiamento riguarda anche le aziende e la loro identità. E in questo caso, si parla di rebranding.
Cos’è il rebranding?
Ricordate lo slogan di Ikea “Siamo fatti per cambiare“? Sicuramente sì. Be’, questo dovrebbe essere il mood di ogni azienda, agenzia e professionista nel mondo.
Il rebranding, infatti, non è altro che un processo di cambiamento che ha come obiettivo quello di migliorare l’autorevolezza e il posizionamento di un brand sul mercato, costruendo una diversa identità aziendale e a lungo termine.
Il concetto di rebranding non va confuso, però, con quello di restyling: il primo, infatti, ha a che fare con il marketing vero e proprio, il secondo con l’identità visuale di un marchio. Quando si parla di rebranding, quindi, non viene considerato soltanto l’aspetto puramente creativo, ma entra in gioco un meccanismo fatto di analisi, strategia, monitoraggio, studio e sì, anche di creatività bella e buona.
Il cambiamento può riguardare qualsiasi elemento attraverso cui il brand parla di sé al suo pubblico (il logo, la strategia di comunicazione, il nome, il design del sito, il tono di voce). Alla base, sostanzialmente, c’è la necessità di modificare la percezione che gli utenti hanno avuto del brand fino a quel momento.
Si tratta, in pratica, di un’evoluzione del proprio business che la brand identity deve pienamente rispecchiare.
Perché rinnovare il brand?
I motivi per cui fare rebranding possono essere parecchi. Per esempio:
- ritieni che il logo non abbia più il fascino di un tempo;
- pensi che il design del sito non rappresenti appieno il tuo stile;
- desideri rafforzare il rapporto con il tuo target;
- credi che dal tuo modo di comunicare non traspaiano quelli che sono i tuoi veri valori;
- hai più clienti di qualche anno fa e hai bisogno di rendere il tuo blog più funzionale ed efficace;
- desideri proporre qualcosa di nuovo e di svecchiare il tuo principale canale di comunicazione;
- hai una nuova visione del progetto;
Ma andiamo più a fondo.
Si fa rebranding perché:
Cambia il target di riferimento
All’inizio è difficile capire quale sia esattamente il pubblico, fondamentalmente lo si ipotizza. Più si va avanti col progetto, più si hanno dati alla mano: si conoscono il sesso, l’età, la provenienza e il comportamento dei propri utenti.
Inoltre, pian piano che l’azienda cresce, il pubblico aumenta. Soprattutto se questa ha successo. Se si vendono beni o servizi cambiano i guadagni, se si scrive aumentano i lettori: il mutamento è inevitabile.
Cambia il mercato
Bisogna stare a passo con i tempi, sempre. Ormai, in pochi anni si assiste a mutamenti continui sotto l’aspetto tecnologico e, soprattutto, nel settore della comunicazione. Fare un rebranding, quindi, potrebbe essere un passo fondamentale per non dare ai propri utenti la sensazione di essere ancora negli anni ’90. Inoltre, potrebbe presentarsi l’opportunità di aprirsi e rivolgersi a nuovi mercati.
Cambia il business
Un nuovo servizio, nuovi prodotti, nuove tariffe, nuovi clienti, nuove collaborazioni. Sul piano lavorativo possono essere cambiate tante, tantissime cose in poco tempo. In questo senso – come già detto – il brand deve riflettere questo cambiamento, questa evoluzione, per riproporre la sua nuova identità.
Cambia il modo di presentarsi
È capitato anche a me, eccome se è capitato! Guardare al passato serve a rispolverare vecchi ricordi in fondo, anche se alcuni sono proprio brutti in effetti. Un logo sgranato, un tono di voce errato, un font inguardabile, un design poco accurato: l’importante è accorgersene, prima o poi.
Quando si comincia è normale che la casualità la faccia da padrone a discapito della professionalità ma, andando avanti, ci si perfeziona sempre di più. E per fortuna, aggiungerei.
Si reagisce a un evento
Fino ad ora abbiamo parlato, sostanzialmente di un tipo di rebranding proattivo, legato cioè al bisogno volontario e impellente di evolversi, al desiderio cambiare per migliorare la propria condizione aziendale.
A volte, però, può capitare che il rebranding assuma un altro ruolo, quello di “gesto riparatore”: in questo caso, si parla di rebranding reattivo.
È il caso, ad esempio, di un’azienda che a seguito di un evento non particolarmente positivo è costretta a “reagire” attraverso un cambiamento parziale o radicale, al fine di mantenere intatta la propria reputazione.
Quali sono i rischi del rebranding?
Partiamo dal fatto che fare rebranding nel settore B2B (business) è sicuramente più semplice e meno rischioso che farlo nel B2C (consumer). Infatti, per quanto riguarda le aziende, il rinnovamento del marchio è quasi fisiologico, è un’evoluzione naturale che può portare vantaggi più che rischi.
Per i brand più datati, però, sarà fondamentale mantenere vivo l’elemento del riconoscimento: è meglio, infatti, non seppellire l’identità di un marchio già noto, perché il rischio che questo non venga più riconosciuto è altissimo.
Ma quali sono gli altri rischi, anche per i professionisti?
Se, da un lato, il cambiamento è positivo perché comunque volto al miglioramento, dall’altro è anche rischioso in relazione al riscontro del pubblico. Ebbene sì, può anche capitare che i tuoi utenti non apprezzino la rivisitazione totale del tuo logo o un cambiamento nella strategia di comunicazione.
È capitato all’azienda Gap ad esempio, che è stata costretta a rimettere online il suo vecchio logo dopo che gli utenti hanno manifestato il proprio disappunto.
Per questo motivo, prima di fare un rebranding bisogna valutare bene quelli che sono i vantaggi, i benefici, gli investimenti e i rischi che si corrono. Questo, però, non deve affatto scoraggiarti, ma aiutarti ad analizzare meglio i pro e i contro per affrontare questo processo nel modo migliore: nella maggior parte dei casi, il cambiamento porta soltanto cose belle, garantito!
Fare un rebranding totale o parziale?
Avere dati alla mano, un progetto ben chiaro sul tipo di rebranding da fare e sul perché farlo è importante per ottenere i risultati auspicati. Rifletti bene, quindi, sul perché stai pensando di modificare il tuo brand così da non perdere tempo su qualcosa che, magari, potrebbe anche non portarti alcun beneficio.
Inoltre, dovrai decidere se fare un rebranding totale, a partire dallo stravolgimento del logo fino al nome del marchio stesso oppure un rebranding parziale, nel caso in cui volessi apportare modifiche non sostanziali sui tuoi prodotti, sui servizi offerti o sulle strategie di comunicazione.
Ok, se sei arrivato fino a questo punto, sicuramente non vedi l’ora di dare un taglio netto al passato e di rinnovare il tuo brand una volta e per tutte.
Quindi basta chiacchiere, vediamo qualche consiglio pratico per fare rebranding!
Come fare rebranding: 9 consigli fruttuosi
- Individua i reali problemi del tuo brand: se sei arrivato alla conclusione che qualcosa vada cambiato, ci sono dei problemi alla base del tuo marchio che vanno risolti. Analizza bene tutti gli elementi della tua strategia di comunicazione e del tuo sito per capire cosa funziona e cosa non funziona, anche sulla base di quella che è stata la risposta dei tuoi utenti fino ad ora;
- Conserva ciò che ha un valore per te e per gli utenti: è inevitabile che alcuni elementi del brand vadano conservati e mantenuti. Bisogna dare all’utente la sensazione di una continuità nonostante il cambiamento. Quindi, a meno che non sia necessario, non cancellare gli elementi che sostengono la tua identità e che ti rendono riconoscibile agli occhi del tuo pubblico;
- Fa’ una piccola indagine di mercato: chiedi un parere ai tuoi utenti e comunica loro questa ventata di novità in vista. Puoi farlo attraverso dei semplici sondaggi via email o, meglio, attraverso i social network. Gli utenti lo apprezzeranno molto e tu avrai delle informazioni essenziali a costo zero;
- Rispolvera e ridefinisci i capisaldi del tuo brand: la tua mission, la tua vision, la tua identità e i tuoi valori, sono ancora gli stessi o qualcosa è cambiato? Ridefinisci i tuoi obiettivi – che devono essere chiari, possibili, identificabili, misurabili, raggiungibili e controllabili – e assicurati che tutte le scelte di rebranding siano fatte sulla base di questi elementi;
- Focalizzati su ciò che va cambiato: fare rebranding non significa necessariamente “cambiare rotta”, ma può voler dire anche “aggiustare il tiro”. Devi capire cosa non funziona, soprattutto sulla base dei dati che hai raccolto. Una campagna pubblicitaria che non ha funzionato, una newsletter che non è stata neppure aperta: fai il punto della situazione e lavora soltanto su ciò che va cambiato davvero;
- Analizza bene il mercato e la concorrenza: fai ricerche approfondite, scopri quali sono le novità del mercato, le nuove tendenze e cosa funziona nella comunicazione dei tuoi competitor. Ma tieni bene a mente una cosa: non seguire mai i trend tentando di imitare il successo di altri. Devi costruisci una tua identità sulla base dei tuoi valori, dei tuoi obiettivi;
- Costruisci una strategia coerente: in particolar modo, se pensi di fare un rebranding totale, dovrai fare in modo che tutti gli elementi (logo, packaging, design del sito) e i canali attraverso cui il tuo brand comunica (newsletter, blog, campagne pubblicitarie, brochure, landing page) siano coerenti. Se, invece, hai intenzione di fare un rebranding parziale, costruisci una nuova strategia di marketing coerente con gli elementi già esistenti;
- Fai un business plan di rebranding: dall’analisi di mercato alle azioni da compiere, dagli obiettivi al brainstorming creativo. La gestione del progetto è importante e devi avere tutto sotto controllo, anche in termini di budget, di risultati, di rischi e di tempistiche;
- Comunica il cambiamento: i tuoi utenti potrebbero sentirsi spiazzati da tutte queste novità. Quindi, prima di apportare sostanziali modifiche condividi con loro quelle che sono le tue intenzioni e le novità in vista: lo apprezzeranno e si sentiranno maggiormente coinvolti. Inoltre, puoi trovare modi originali per comunicare questo cambiamento, magari facendo un video esplicativo o inviando una newsletter creativa. Sbizzarrisciti!
Esempi di rebranding famosi
Air Bnb
AirBed And Breakfast, questo era il nome originario del noto marchio di home sharing. Il nome è stato abbreviato più e più volte per esigenze di semplificazione, fino a diventare quello che tutti noi oggi conosciamo.
Il suo rebranding, però, non ha riguardato soltanto la scritta, ma anche il logo vero e proprio. Nel 2014, infatti, ridisegnarono un nuovo logo tentando di creare un’immagine semplice, che si potesse riprodurre facilmente anche sul vetro appannato di un’auto. Un logo che rappresentasse l’idea di comunità e che esprimesse appieno l’idea della condivisione.
Non fu un gran successo, anzi suscitò una valanga di polemiche per l’estrema somiglianza con il logo dell’azienda Automation Anywhere. L’esito della storia? Il logo divenne comunque memorabile.
Il rebranding di Instagram è stato altrettanto variegato e ha riguardato il logo, le icone, il layout e le feature dell’applicazione. L’esigenza era quella di migliorare l’interfaccia utente con un design più moderno, riconoscibile e originale.
IBM
International Business Machines (IBM) è partita con un logo totalmente diverso da quello attuale. Dopo la sua espansione sul mercato decise di modificare il suo logo per ben quattro volte! All’inizio, la sua mission era ampliare gli orizzonti, rivolgersi a tutto il pianeta. Poi, qualcosa è cambiato nella vision dell’azienda: bisognava esprimere qualcos’altro come la dinamicità del brand.
Siamo giunti alla fine di questo percorso di rebranding fatto di teoria e consigli utili,ora tocca a te mettere in pratica tutti questi suggerimenti e iniziare il tuo personale lifting identitario!
Intanto complimenti per l’articolo ben scritto e ricco di spunti. Sto cercando ottime penne con cui collaborare per un progetto, ho inviato un’email alla vostra redazione. Aspetto una tua risposta 🙂
Grazie mille Carlo, ti risponderò al più presto!