Dall’effetto Bouba-Kiki al brainstorming creativo: come scegliere un nome vincente

Naming: come scegliere un nome efficace

Hai le idee chiare su tutto, meno che su una: scegliere un nome per il tuo brand o per il tuo prodotto. Hai provato con il pilates davanti allo specchio, con le lezioni di yoga, con i tutorial su Youtube, magari anche passando le ore a fissare un muro bianco in attesa che, magicamente, una parola si materializzasse dal nulla. 

Sembrava facile, eh? Eppure, quando si parla di marketing nulla è semplice. Scegliere un nome (magari che sia perfetto) per un prodotto o per la propria attività continua a essere un ostacolo insormontabile: la principale causa di mal di testa cronico per un gran numero di professionisti in tutto il mondo. Lo so, l’unica soluzione possibile, adesso, sembra essere quella di scegliere un nome banale, poco chiaro, poco intuitivo. Insomma, brutto ma passabile. Un nome, però, con il quale sarai costretto a convivere per sempre. 

Ma prima di fare uso di antidepressivi o sostanze dopanti, prima di arrivare a pensare che un consumo smodato di caffè possa davvero essere d’aiuto alla tua concentrazione, o peggio di accontentarti di un nome qualunque, scopriamo insieme come scegliere il nome del tuo prodotto o della tua attività nel modo più efficace e indolore possibile. 

Naming: come scegliere un nome davvero efficace

Ne avevamo già parlato nell’articolo Naming: come scegliere un nome per il tuo brand o per un prodotto, svelando alcune tecniche e offrendo consigli utili per trovare il nome perfetto. Oggi voglio darti tanti altri spunti e suggerimenti, aiutandoti a venir fuori da questo labirinto ostico e confuso, fatto di suoni, nomi e scelte fin troppo affrettate.

È Luisa Carrada a darci un ottimo input dal quale iniziare, confidandoci come un nome dovrebbe essere per risultare vincente, per spiazzare e spazzare via la concorrenza. Quali sono, allora, le caratteristiche di un nome che funziona?

  1. Fa la differenza. È in grado di distinguere e posizionare un prodotto o un brand sul mercato;
  2. Esprime identità, personalità e carattere;
  3. Si fa notare, è facile da pronunciare, è facile da ricordare;
  4. È breve;  
  5. Evoca più che descrivere. Evoca ricordi, valori, uno stile di vita ben preciso;
  6. È simbolico. È ricco, ricchissimo di simboli, e non afferma nulla, piuttosto suggerisce;
  7. Vive nel tempo. Non segue i trends, li precorre, ne crea di nuovi. È pensato per avere sempre la stessa forza e lo stesso potere, per espandersi e crescere nel tempo.

Non è tutto qui, anche se sembra ci sia già molto materiale su cui lavorare. Devi ricordarti che la forza di un nome sta, soprattutto, nella sua capacità di essere – al tempo stesso – qualcosa di nuovo, di mai sentito e qualcosa di già conosciuto, di noto. Evocare è importante, così come lo è fare la differenza e sorprendere con qualcosa di mai visto e sentito prima. Insomma, in termini pratici, è sì importante precorrere i tempi, immaginare qualcosa di assolutamente innovativo, ma lo è anche risvegliare emozioni e sensazioni già conosciute e già provate.

E se è vero che un nome non deve affermare, ma piuttosto suggerire, è anche vero che è possibile inventarlo: scegliere un nome, cioè, che non richiami nulla di reale o conosciuto. Molti nomi famosi sono stati inventati: sono nomi che non richiamano nulla di già conosciuto, almeno nell’universo linguistico, eppure evocano comunque qualcosa.

Evocano un suono, una forma, un desiderio, un’emozione. Si appellano ad altre sensazioni, appartenenti (magari) a sfere sensoriali diverse. Ok, sei ancora un po’ confuso. Ecco di cosa stiamo parlando.

Effetto Bouba-Kiki: quando “il mercoledì è giallo”

Da’ un’occhiata alle due immagini qui sotto e rispondi a questa domanda: quale dei due è Bouba e quale Kiki?

No, non è una domanda da un milione di dollari né uno strano rompicapo, si tratta di un test che ha a che fare con la nostra percezione delle cose, con il nostro modo di associare una determinata parola a un colore, a una forma o a un gusto ben precisi.

Scoperto da  Wolfgang Köhler nel 1929, il test fu sottoposto per la prima volta ad alcuni partecipanti dell’isola di Tenerife, in Spagna, ma con due parole diverse: “takete” e “baluba”. La maggior parte di loro associò la prima parola alla forma seghettata e la seconda a quella dai lineamenti morbidi e tondeggianti.

Furono poi Vilayanur Ramachandran e Edward Hubbard a riproporre il test, successivamente, a partecipanti di origini diverse (occidentale e orientale), e utilizzando i termini “kiki” e “bouba”. Be’, il risultato non fu così diverso, neppure considerando le differenti origini culturali dei partecipanti. “Bouba” non poteva che richiamare curve e angoli arrotondati, mentre “kiki” possedere tratti forti, spigolosi e linee nette.

Perché accade questo strano fenomeno?

Vi dice nulla il termine sinestesia? L’avrete studiata in letteratura come una figura retorica che esprime l’accostamento tra due parole che appartengono, rispettivamente, a due sfere sensoriali diverse. In psicologia è quel fenomeno secondo cui una specifica stimolazione uditiva, olfattiva, visiva o tattile viene percepita, contemporaneamente, come due eventi sensoriali differenti. Un suono, quindi, può provocare la reazione di un altro senso come la vista. Così, il suono di una parola è in grado di risvegliare in noi determinate emozioni, sensazioni, percezioni ed essere associato a determinate sfere sensoriali.

Insomma, se il mercoledì può essere rappresentato dal colore giallo (secondo la nostra percezione), se il nome di una donna viene associato a una specifica personalità o se un particolare profumo è capace di risvegliare sempre la stessa sensazione, un motivo ci sarà. 

Tutto questo ha a che fare anche con i suoni, con la pronuncia di lettere e parole (aperta e arrotondata per esempio), con la familiarità con specifici stimoli linguistici, con la natura delle connessioni che esistono tra le aree sensoriali e motorie del cervello. Allora, si può dire che la denominazione degli oggetti non sia completamente arbitraria, e non è del tutto casuale.

Quanto tutto questo incide, o dovrebbe incidere, nella scelta del nome? Probabilmente tanto. Determinate lettere, la pronuncia di alcune parole, particolari suoni sono in grado evocare percezioni, emozioni (positive o negative), immagini, esperienze, ricordi. I nomi raccontano storie, suscitano desideri, comunicano concetti.

È importante, allora, che il nome sia facile da pronunciare e che abbia anche un bel suono.




Dalla ricerca al brainstorming creativo: per scegliere un nome nulla va lasciato al caso

Abbiamo visto le caratteristiche di un nome efficace e abbiamo capito quanto, sul piano della percezione, sia importante evocare sensazioni piacevoli, desideri, ricordi, valori. Sì, anche e soprattutto attraverso l’utilizzo dei suoni giusti. Ma prima di scegliere o creare un nome dal nulla è importante seguire alcuni suggerimenti e non lasciare nulla al caso.

Quindi, per evitare di gettare via il proprio tempo, vale la pena fare un’attenta analisi, qualche piccola ricerca e poi buttare giù le proprie idee in modo più o meno razionale. Prima di fare liste e mappe confuse con termini a caso, ecco alcune domande che dovresti porti.

Domande su prodotto/attività.

  1. Qual è il tipo di prodotto o di attività per il quale stai cercando il nome? Descrivilo nei minimi dettagli, è importante conoscere la sua natura, descriverne le caratteristiche, sapere cosa offre, come funziona, come è fatto.
  2. Esistono già prodotti o attività simili ai tuoi?
  3. Quali sono i nomi che la concorrenza ha utilizzato per lo stesso tipo di prodotto/attività?
  4. Si tratta di un prodotto innovativo o di un’attività totalmente nuovi?

Domande sul target.

Studia il tuo pubblico, i tuoi clienti. In altre parole, delinea impeccabilmente il tuo target.

  1. Si tratta di persone più o meno giovani? Individua l’età media.
  2. Ti rivolgi a persone di sesso femminile, maschile o a entrambi?
  3. Il tuo pubblico sarà italiano o internazionale?
  4. Ti rivolgi al tuo pubblico in modo diretto, online o attraverso vari canali di comunicazione?
  5. Quali sono o potrebbero essere i loro interessi?
  6. Qual è il loro stile di vita?

Porsi le domande giuste è il miglior modo per iniziare un lavoro tanto complesso e ostico come quello del naming. In questa prima fase serve tanta, tantissima concentrazione e bisogna dare le risposte (quasi) giuste o si rischia di perdere tempo o intraprendere una strada totalmente sbagliata. 

La fase successiva è quella che tutti noi amiamo di più, quella creativa.

 

Sinestesia, sfere sensoriali

Scegliere un nome con il brainstorming

La fase creativa è una fase successiva ma, ovviamente, fondamentale. Per questa fase, decisamente libera e incontrollata, le liste e le mappe mentali ti saranno utili e vitali (sì, quasi come l’ossigeno). E non ti servono grandi strumenti: bastano carta e penna o creatori di mappe mentali online per fare un po’ di sano brainstorming.

Ricorda, in questa fase non devi, per nessuna ragione, lasciarti condizionare da fattori esterni. Ecco, questo è forse l’aspetto più complesso della fase creativa: coerenza e logica non devono prendere il sopravvento, le idee devono fluire liberamente, senza condizionamenti razionali. Per una volta getta via il buonsenso.

In poco tempo, ti ritroverai tra le mani un foglio – cartaceo o virtuale – davvero confuso ma ricco di spunti e idee indispensabili. Una volta finita la fase creativa dovrai tornare in te, il te più razionale e pignolo, perché un nome è per sempre non dimenticarlo mai.

 




Scegliere un nome: altri consigli utili

La curiosità non ti manca, vero? Bene, perché potrebbe tornarti utile leggere qualcosa sul branding e sul naming prima di mettere le mani in pasta (e la testa fra le mani). Ecco due siti da spulciare per bene, dove troverai spunti davvero interessanti: Nomix e Brandforum.

Ma trovare un nome non è tutto. Non è mica finita qui. Quando avrai trovato il nome perfetto, è importante che tu lo protegga e che diventi tuo prima che te lo soffi qualcun altro. Ci sono due cose importanti da fare alla fine di questo lungo lavoro: la registrazione del marchio e l’acquisto del nome dominio. Oggi, più che mai, è importante essere veloci e battere sul tempo la concorrenza: non rimandare a domani ciò che può essere fatto due, tre, quattro giorni prima.

Registrare un marchio non è complicato: basta depositarlo presso la Camera di Commercio o presso l’ufficio brevetti. Un nome dominio, invece, è possibile acquistarlo e registrarlo in pochi clic e a un costo irrisorio da siti che offrono servizi di hosting come Netsons o Register.

E se dopo tanta fatica il nome che hai scelto è già stato preso da qualcun altro? Be’, in questo caso non c’è molto da fare. Dovrai rimetterti a lavoro e trovarne un altro, e ancora più efficace del primo. 

Sì, è una vera giungla, ma farcela non è affatto impossibile. Pronto a lavorare sul naming?

Scritto da Redazione

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