Nel dizionario italiano ci sono così tante parole che è facile dimenticarsi dell’origine di alcune di queste (o probabilmente della maggior parte di queste).
E ce sono così tante che non utilizziamo quotidianamente e altrettante indiscutibilmente strane che è impossibile salvarle dall’inesorabile fine dell’oblio. Così, quando si ascoltano di nuovo, e dopo tanto tempo, capita inevitabilmente di fare una rapida ricerca su Google e chiedersi da dove provengano.
Ci sono parole, però, di cui conosciamo molto bene il significato e che utilizziamo nelle conversazioni di ogni giorno. Ma se dovessero chiederci da dove vengono non sapremmo proprio che risposta dare.
Una cosa però è certa: a noi, che non teniamo soltanto alla forma ma anche alla sostanza, la curiosità non manca di certo. Allora, vi va di scoprire o riscoprire l’origine delle parole italiane?
Origine delle parole: eccone alcune
Mandarinismo
No, mangiare troppi mandarini non causa mandarinismo.
I mandarini, infatti, erano i funzionari-letterati della Cina imperiale che operavano nel pubblico ed erano conosciuti per l’uso sconsiderato che facevano del proprio potere. Lo utilizzavano, infatti, quasi esclusivamente per secondi fini e per godere di privilegi e favoritismi. Questa è l’origine del significato del nome occidentale “mandarino”, che ha origine dal sanscrito mantrim (lett. “consigliere”) e dal portoghese mandarim (lett. “ministro”).
La parola italiana “mandarino”, infatti, è entrata a far parte del linguaggio comune per riferirisi, in tono volutamente sarcastico, a qualsiasi funzionario o personaggio pubblico che goda di eccessivi privilegi o che ne faccia abuso. Da qui anche il termine “mandarinismo”, che designa il tipico comportamento da mandarino: ovvero la tendenza ad approfittarsi del proprio potere e della propria autorità per mantenere, nel tempo, i propri privilegi, o per pretenderli o imporli agli altri.
“Mandarino”, inoltre, era anche la lingua utilizzata dai funzionari ai tempi delle dinastie Ming e Qing.
Libro
Almeno una volta al giorno utilizziamo la parola “libro”, ma se dovessero chiedervi quale sia l’origine del termine probabilmente alzereste gli occhi al cielo.
In realtà, vi basterà pensare alla cosa più semplice di tutte: ovvero che il libro è fatto di carta e che la carta viene dagli alberi.
L’origine più antica del nome fa, infatti, riferimento proprio al latino librum – da cui “libro” – che indica una delle tre parti che compongono la corteccia dell’albero: quella interna, la più malleabile. Il librum, o libro, è una lamina fibrosa ricavata da alcune piante, in particolar modo dal papiro, che al tempo degli Egizi veniva fatta seccare al sole e utilizzata per scriverci sopra.
Ma quand’è che “libro” iniziò a indicare proprio un insieme di fogli uniti contenenti dei testi? Fu durante l’impero di Alessandro Magno che la parola “libro” venne estesa al significato di “insieme di fogli scritti”: a quel tempo i fogli erano costituiti da filamenti di papiro finemente intrecciati tra loro, legati insieme dal fango e poi fatti asciugare al sole.
Apollineo e dionisiaco
Uno viene da Apollo, il dio greco dalla bellezza statuaria, noto per la sua perfetta forma fisica; l’altro da Dioniso (o Bacco), il dio greco del vino, nonché dell’eccesso e dell’euforia. I termini “apollineo” e “dionisiaco” vengono utilizzati fin dalla loro origine in senso figurato, non letterale.
Rispettivamente il significato di “apollineo” fa riferimento ad “armonioso”, “aggraziato”, “equilibrato” e “ordinato”, mentre “dionisiaco”, che assume connotazione opposta, indica uno stato di “esaltazione” e “furore”, uno spirito indomabile, “sfrenato” e “disordinato”. Due termini contrapposti quindi, ma anche indivisibili. Ecco perché.
I due termini, in perfetta antitesi tra loro, furono coniati dal filosofo Nietzsche che li introdusse nel suo primo libro La nascita della tragedia dallo spirito della musica, inaugurando due nuovi concetti filosofici. I due termini vennero utilizzati in riferimento ai due impulsi essenziali che diedero vita alla tragedia greca antica, all’arte e alla stessa esistenza.
Fu, infatti, l’incontro e lo scontro tra la frenesia creativa e caotica dello spirito dionisiaco (musica) e la razionalità ordinata di quello apollineo (scultura) a generare e far sviluppare l’autentica forza vitale dell’arte e della vita.
Mantecare
Il verbo “mantecare” deriva dallo spagnolo manteca (letteralmente “burro”) e il latino “mantica” ha il significato di “sacco di pelle”. Pare infatti che gli Arabi si servissero di questo grasso animale per la produzione del burro. Inoltre, la parola fa riferimento alle creme, agli unguenti e a quei composti di consistenza grassa e profumata utilizzati anticamente per ungere pelle e capelli.
Oggi il termine “manteca” non viene più utilizzato ma, al contrario, del verbo “mantecare” se ne fa un uso sconsiderato, soprattutto in contesto culinario e televisivo. Il verbo viene utilizzato, un po’ impropriamente, nel significato di “amalgamare” e “mescolare” e in effetti la parola indica proprio la lavorazione di sostanze grasse col fine di ottenere un composto morbido e pastoso.
Il termine, però, veniva usato anticamente con una connotazione ben diversa, proprio in riferimento agli impiastri grassi, unti e collosi che poco si addicono a una cucina raffinata e ricercata come quella di oggi. Per questo è meglio utilizzare al suo posto i termini “amalgamare” e “mescolare”.
Camorra e mafia
Probabilmente è poco noto, ma i termini “camorra” e “mafia”, alla loro origine, non hanno alcuna connessione con la malavita e con le organizzazioni criminali.
Il termine “camorra” ha ancora oggi un’origine poco chiara, ma tutte le ipotesi messe in campo dai linguisti conducono, in modo del tutto imprevedibile, al significato che oggi tutti conosciamo.
Tutto ha inizio nell’Europa del Tardo Medioevo, epoca in cui andava di moda un capo d’abbigliamento dal nome inequivocabile: “gamurra”. Questa veste, di origine araba, indica letteralmente un “capo d’abbigliamento femminile” e fu proprio questo termine ad essere introdotto – come prestito – nel dialetto napoletano, utilizzato soprattutto nella commedia teatrale del luogo.
L’unica connessione con il significato che noi tutti conosciamo, quello di “organizzazione malavitosa”, è attestabile nel ‘600, secolo in cui il termine “camorra” fa riferimento alle attività illegali di Napoli legate al gioco d’azzardo. In un documento dei primi decenni del ‘700 il termine designa, invece, una sorta di tassa imposta sul gioco d’azzardo, che ha lo scopo di proteggere i locali e i loro proprietari da risse e liti continue.
La parola “camorra” viene citata per la prima volta da Benedetto Croce nel 1730, precisamente ne La lingua spagnola in Italia con il significato di “casa da gioco”, ma è soltanto nel 1830 che, a Napoli, “camorra” iniziò a indicare uno scambio malavitoso, fatto di imbrogli tra giocatori d’azzardo.
Anche l’origine della parola “mafia” ha un significato diverso da quello attuale. Sembra, infatti, avere origine dalla parola araba mahyas che letteralmente significa “smargiasso”, “borioso millantatore”. Dalla Sicilia araba il termine “maf(f)ia” si diffonde anche nelle altre lingue dialettali, e ovunque con lo stesso significato di “spavalderia”, “boria”, “spocchia”, “braveria”.
Lo storico Santi Correnti si dissocia da questa ipotesi, ne confuta l’origine araba e la attribuisce alla parola “maffia” del dialetto toscano. L’origine siciliana, però, pare essere la più accreditata.
Cellulare
Non stiamo parlando dell’organismo composto da cellule, ma proprio dell’oggetto utilizzato per effettuare e ricevere chiamate. L’introduzione del termine “cellulare” in ambito telefonico è, ovviamente, piuttosto recente (1975), ma la sua origine non ha nulla a che vedere con l’apparecchio elettronico che tutti conosciamo.
Fino al 1975, il termine “cellulare” venne utilizzato esclusivamente per indicare il furgone della Polizia adibito al trasporto dei detenuti. La connessione semantica, in effetti, non è di facile esecuzione.
Nel 1947, per la prima volta, gli ingegneri dei Bell Labs disegnarono uno schema cellulare simile ad un organismo biologico, costituito da una rete di ripetitori che dava vita al moderno sistema del telefonino.
Successivamente fu V.H. MacDonald, direttore del Wyoming Medical Center, a introdurre il significato moderno del termine in un articolo pubblicato nel The Bell System Technical Journal, “The Cellular Concept”. Dal “furgone della Polizia”, il significato di “cellulare” si spostò in un contesto totalmente diverso, indicando una rete composta da “celle”, fatta di ripetitori e in grado di funzionare a distanza e in movimento.
E voi, di quante di queste parole conoscevate l’origine?
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